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Nel 2010 Di.A.Ri.A. vince un bando dell’Assessorato alla Famiglia e alle politiche sociali (APQ 7 – Giovani protagonisti di sé e del territorio).

Il progetto è scaturito dalla sinergia delle nostre diverse competenze (l’antropologia di genere, la conoscenza della lingua araba, la residenza in numerosi paesi, la mediazione culturale, lo studio delle lettere e della didattica, la danza), che si sono armonizzate in un’azione di sviluppo locale con il fine di promuovere nella città di Palermo la relazione tra migranti e nativi con particolare attenzione al corpo come soggetto politico e sociale e alle dinamiche di genere.

L’associazione Di.A.Ri.A. si è proposta come ente di ricerca e progettazione sociale e ha realizzato un laboratorio di insegnamento di lingua italiana, di narrazione, arte e movimento creativo indirizzati a migranti.

La ricerca socio-antropologica si è articolata su due assi:

  • una mappatura delle associazioni e degli enti con scopi di natura socio-culturale i cui servizi sono rivolti ai e alle migranti, focalizzata sulle attività proposte nell’ambito della didattica di italiano lingua seconda. Questa parte della ricerca si proponeva di tracciare una panoramica sull’offerta e sull’utenza in questo ambito ed era finalizzata ad individuare da una parte le buone pratiche già esistenti, dall’altra i bisogni non corrisposti, le ragioni di tale non inclusione e l’elaborazione di un servizio specifico modulato sui tempi e sulle esigenze dell’utenza non inclusa.
  • una mappatura dei luoghi informali di incontro frequentati da migranti sul territorio (circoscritto ad alcune zone della prima circoscrizione di Palermo) finalizzata a “misurare” la qualità delle relazioni tra migranti e nativi o l’esistenza della stessa. Questa parte della ricerca prevedeva la pubblicizzazione dell’associazione e l’avvio dei corsi tramite un volantinaggio porta a porta puntando così a fare emergere le esigenze del quartiere.

La fase laboratoriale di insegnamento della lingua italiana come lingua seconda, destinata ad un’utenza in modo privilegiato femminile, ha adottato una metodologia i cui punti salienti possono essere cosi’ riassunti:

  • cura del setting: il luogo che accoglieva i laboratori doveva essere familiare e accogliente. Ogni incontro cominciava con tè, biscotti e chiacchiere. Ciascuno poteva sentirsi a casa.
  • Valorizzazione del corpo come strumento di apprendimento attraverso la relazione di scambio docente/discente e insegnamento della lingua italiana attraverso la danza e il movimento (agire col corpo la lingua da apprendere compiendo piccoli movimenti o gesti significativi).
  • utilizzo di tecniche ludiche e mutuate dal teatro sociale (drammatizzazioni di scenette di vita quotidiana, travestimenti, giochi con l’utilizzo di materiali quotidiani), che valorizzano l’intelligenza emotiva e creativa dell’individuo, privilegiando l’approccio orale-comunicativo, piuttosto che quello grammaticale.

  • Laboratorio di arte: realizzazione di dipinti e costruzioni di oggetti-racconto (come la propria casa, il proprio viaggio, il proprio corpo) con materiali di riciclo, seguito da una narrazione relativa a ciò che si è rappresentato.

Il nostro laboratorio è stato attraversato, nel corso dei mesi, da 40 migranti, di cui la metà erano donne. Le età delle persone erano molto varie: i più giovani erano un gruppo di minori non accompagnati appena sbarcati in Sicilia provenienti dalla Tunisia, le più anziane erano delle donne provenienti dall’Etiopia e dall’Eritrea che vivono a Palermo da molti anni. Questo scarto ha contribuito a creare una dimensione familiare in cui le generazioni si incontravano e si scambiavano i loro punti di vista. L’età compresa tra i 20 e i 40 anni era presente in giovani provenienti per lo più dal Bangladesh, ma anche da altri dalla Tunisia, Etiopia, Eritrea, Somalia, Madagascar, Ucraina, Spagna.